Un nuovo metodo di apprendimento automatico chiamato PRIMO ha permesso di ricostruire un’immagine del buco nero supermassiccio al centro della galassia M87 con una risoluzione migliore rispetto a quella precedente. La nuova immagine rivela una regione centrale più grande e più scura, circondata da un gas che si espande come un “ciambellone magro”. Il metodo PRIMO, acronimo di Principal-component Interferometric Modeling, è stato sviluppato dagli stessi scienziati che hanno partecipato al progetto Event Horizon Telescope (EHT) nel 2017, il quale ha permesso di ottenere dati da una rete internazionale di sette telescopi esistenti sulla Terra.
Il problema di questa tecnica è che, essendo impossibile coprire tutto il pianeta con telescopi, i dati risultano incompleti. Tuttavia, PRIMO è in grado di compensare le informazioni mancanti dell’oggetto in questione per generare un’immagine dettagliata che sarebbe stata vista attraverso un singolo grande telescopio radio della stessa grandezza della Terra.
Come funziona PRIMO? Il sistema si basa sull’apprendimento automatico e in particolare sull’apprendimento del dizionario, una branca dell’intelligenza artificiale che consente ai computer di generare regole basate su grandi raccolte di materiale di addestramento. In questo caso, PRIMO ha analizzato oltre 30.000 immagini simulate ad alta fedeltà di buchi neri che assorbono il gas. L’insieme delle simulazioni ha coperto una vasta gamma di modelli per la formazione dei buchi neri, identificando i pattern comuni nella struttura delle immagini.
Le varie strutture sono state ordinate in base alla frequenza con cui sono state riscontrate nelle simulazioni, e poi sono state fondute per fornire una rappresentazione altamente accurata delle osservazioni di EHT, fornendo simultaneamente una stima ad alta fedeltà della struttura mancante delle immagini.
La nuova immagine è coerente con i dati raccolti dall’EHT e con le aspettative teoriche, compreso l’anello di emissione luminosa prodotto dal gas che cade nel buco nero. La ricerca potrebbe inoltre permettere di determinare con maggiore precisione la massa del buco nero di M87 e i parametri fisici che ne influiscono l’aspetto attuale, nonché di porre maggiori restrizioni alle alternative all’orizzonte degli eventi (basate sulla depressione centrale di luminosità più scura) e di effettuare test più robusti della gravità (basati sulla dimensione dell’anello più stretto).
D’altra parte, il metodo PRIMO avrà importanti implicazioni per l’interferometria, una tecnologia che ha un ruolo nella ricerca di esopianeti e nel campo della medicina.
La galassia M87 si trova in un cluster galattico vicino a noi. Oltre un secolo fa, è stata osservata una misteriosa getto di plasma caldo che emana dal suo centro. Negli anni ’50, la nuova tecnica dell’astronomia radio ha mostrato che la galassia ha una sorgente radio brillante al centro. Durante gli anni ’60 si è cominciato a sospettare che M87 avesse un buco nero supermassiccio al centro, alimentando questa attività. Le misure effettuate dai telescopi terrestri a partire dagli anni ’70, e successivamente dal telescopio spaziale Hubble dagli anni ’90, hanno fornito una forte conferma che M87 ospita un buco nero di diversi miliardi di volte la massa del Sole, in base alle osservazioni delle alte velocità delle stelle e del gas che orbitano intorno al centro del buco nero.
L’osservazione di M87 del 2017 è stata ottenuta tramite l’utilizzo di diversi telescopi radio collegati in contemporanea, ottenendo la possibile risoluzione più alta. La raffigurazione del buco nero, nota anche come “ciambellone arancione”, pubblicata
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